La teoria della geopolitologa francese Virginie Raisson
Articolo a cura di Esmeralda Moretti
E se ti dicessi che… nel 2038 potrebbe non esserci abbastanza cacao per tutti? Mi crederesti?
No! Fermo! Prima di gettarti a terra preso dallo sconforto, lasciami almeno spiegare!
Ciò che potremmo rischiare è che il cacao non sia più accessibile a tutti, come è oggi, ma diventi un bene di lusso. Ci ha messi in guardia così Virginie Raisson, geopolitologa francese, una manciata di mesi fa.
Da che cosa dipende?
Il rischio nasce dalla combinazione di due fattori: consumi in aumento e cambiamento climatico. Virginie Raisson è stata per anni membro del consiglio di amministrazione di Médecins sans frontières. La sua tesi è scritta nel libro “2038, Atlante sui futuri del mondo”, edito da Slow Food. La tesi sostenuta è dunque che solo alcune persone avranno accesso al cacao, mentre la maggior parte della popolazione globale sarà gradualmente portata a sostituirlo, probabilmente con composti di frutta secca o simili.
Nello specifico, quindi… perché il cacao potrebbe non essere più accessibile a tutti? Questo dipende da un mix di fattori. Innanzitutto, nei Paesi emergenti la domanda di cioccolato è in costante aumento. Basta pensare che soltanto in Cina il consumo medio di cacao, che nel 2010 superava a malapena i 40 grammi a testa all’anno, nel 2014 era già aumentato del 75%.
Il problema però è che mentre la domanda sale, la produzione rischia di diminuire per colpa del cambiamento climatico e delle malattie che colpiscono la pianta del cacao, malattie di cui non si parla quasi mai, ma che sono un vero problema per chi lavora in questo settore. Per dirne una, verso la fine degli anni Settanta la malattia fungina detta “Black pod desease” aveva rovinato le piantagioni della Costa Rica. Il cambiamento climatico, inoltre, rende la faccenda estremamente complessa. Per crescere, infatti, le fave di cacao hanno bisogno di molta pioggia, ma le aree tropicali piovose sono in diminuzione.
Il ruolo delle foreste
La coltivazione del cacao avviene principalmente nell’ambiente delle foreste, ma negli ultimi vent’anni la produzione è aumentata drasticamente, questo ha fatto sì che si diffondesse la monocoltura, alla quale è seguito il disboscamento. Ad esempio, come riportato da Linkiesta.it, in Costa d’Avorio circa il 13% della superficie di foresta originaria ospita ora piantagioni di cacao; in Ghana la foresta diminuisce del 2% ogni anno; in Indonesia, sempre per questo motivo, sono spariti 170mila ettari.
Nel 2017, sia il governo della Costa d’Avorio che quello del Ghana si sono impegnati a monitorare e ridurre il disboscamento illegale con l’iniziativa Cocoa and Forests. Così si è riusciti a ridurre la deforestazione del 50%, ma ora è fondamentale mantenere questi passi in avanti.
Cosa possiamo fare?
Come possiamo arginare la possibile “estinzione” del cacao? Un primo modo è la ricerca: mettere a punto nuove varietà, capaci di resistere sia alle mutazioni dell’ambiente e del clima, che ai funghi e alle malattie. Il problema è dato però dal fatto che le piante dio cacao crescono molto lentamente, e per poter valutare l’efficacia di una varietà occorre un arco di tempo di almeno dieci anni.
Il secondo modo è sostenere i produttori di cacao, che per il 90% sono piccoli proprietari di piantagioni, e per questo non sono in grado di investire negli strumenti per aumentare il raccolto.
La reale chiave del cambiamento sono però i consumatori, che dovrebbero diventare consumatori consapevoli, dovrebbero informarsi e conoscere contenuto e provenienza dei prodotti che acquistano, prendendosi tempo per leggere la confezione: in questo settore, le etichette di certificazione ‘Commercio equosolidale’ o ‘Agricoltura biologica’ sono da tenere in grande considerazione. In alternativa, è bene optare l’acquisto da produttori e rivenditori di cioccolato locali, aziende del territorio e artigianali di fiducia, per essere informati e contribuire realmente alla soluzione del problema.
Fonti: